Sharing economy, influencer e fake-news condividono lo stesso tipo di evidenza: la conoscenza sociale.
In tutti e tre i casi, infatti, non è l’esperienza a dirmi che Tizio è un “driver” e che quindi può svolgere lo stesso ruolo di un taxista o che Caio è uno “youtuber” esperto di videogiochi, ma la presenza di una rete sociale che lo conferma con il proprio supporto.
Per questo, anche se non ho licenze o capacità particolari, ma quello che è faccio è apprezzato dalla rete sociale di cui sono parte, posso comunque essere “driver” o un social influencer e diventare famoso.
Che cosa significa questo: che oggi crearsi una rete sociale digitale è diventato il sistema più veloce di mobilità sociale. Più di qualunque altro strumento attualmente disponibile.
Come ho raccontato in dettaglio nel mio volume sui Selfie, se io sono in grado di costruire una grande rete sociale digitale e questa rete sociale è disposta a seguirmi e ad attribuirmi uno status – youtuber, driver, host - allora io ottengo lo status indipendentemente da qualunque altro fattore, compresa la competenza.
Con un meccanismo simile, però, posso anche creare le fake-news.
- Inizio creando una comunità digitale, che raccolga il gruppo di persone che voglio raggiungere intorno ad un obiettivo comune.
- Poi presento le fake-news come dei fatti sociali direttamente legati al raggiungimento o al mancato raggiungimento dell’obiettivo comune, dicendo che tizio e/o il suo gruppo/partito con il suo comportamento, ha messo in discussione tali valori.
- E faccio in modo che i membri della comunità con i loro commenti esprimano una forte approvazione/disapprovazione nei confronti delle conseguenze di questo evento per il gruppo.
- Alla fine di questo processo saranno i membri della comunità stessa a supportare e a difendere la verità delle fake-news.
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